La data che tutti abbiamo tatuata ristoratori e non è quella dell’11 Marzo. Una pietra, difficile da digerire: l’obbligo di chiusura delle attività di somministrazione di cibi e bevande, ad eccezione della possibilità di fare delivery.
Diverse attività di ristorazione in quasi tutta Italia hanno avuto la possibilità di organizzarsi per garantire ai loro clienti il servizio di consegna a domicilio.
Ma il delivery è sempre esistito. Dai tempi dei dabbawala indiani “coloro che portano una scatola” di fine 800, fino alle nuove forme di food delivery on line e di dark kitchen, dove il ristorante si dematerializza, diventando totalmente virtuale; un’ integrazione verticale che aggiunge all’ordine e alla consegna on line, anche la produzione e preparazione dei cibi solo per le consegne online.
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Il food delivery è sempre piaciuto agli italiani.
Anche se non siamo ai livelli di diffusione del Regno Unito o della Germania, ne abbiamo apprezzato sempre varietà e versatilità nelle diverse occasioni di consumo — a casa, al lavoro, in viaggio — ma anche facilità di utilizzo e velocità.
Nel 2019, in Italia il food delivery si confermava il primo comparto del settore Alimentare con 566 milioni di euro e una crescita del +56% rispetto al 2018. Il ritratto che si stava già tracciando a fine anno, era quello di una società dove questa modalità di consumo smart era sempre più integrata, non solo nelle grandi metropoli — dove si sono insediate in origine le prime piattaforme di consegna a domicilio come Just Eat, Glovo, Deliveroo — ma anche sempre più nelle province italiane. Qui si è registrata la crescita esponenziale di ordini che ha guidato la crescita del fenomeno in Italia
Inutile dirlo. Il dpcm dell’11 marzo è stato un incredibile acceleratore. Ristoranti, pizzerie, forni, bar, pasticcerie e gelaterie hanno avuto la possibilità di organizzarsi con il domicilio. Questo ha determinato una rapida modifica dello scenario delle consegne di piatti e cibi pronti.
Secondo un’indagine del Centro Studi FIPE, al momento dell’entrata in vigore del decreto, il:
Tra coloro che avevano dichiarato di non essere interessati al food delivery, e che a Marzo hanno scelto di chiudere totalmente l’attività, il 35,5% riteneva di non avere i mezzi necessari per farlo mentre il 64,5% pensava che in questa situazione di crisi fosse un investimento non economicamente sostenibile nel breve termine
La situazione di emergenza che abbiamo affrontato ha modificato in maniera sostanziale l’approccio con il food delivery sia per i consumatori abituali che per quelli saltuari.
Sempre secondo i dati FIPE, da quando è iniziata la crisi, fra gli utilizzatori saltuari il 24% ha fatto ordini almeno 1 o 2 volte, così come il 53% di coloro che avevano utilizzato il delivery solo poche volte. Tra quelli che prima non l’avevano mai utilizzato poco meno del 10% ha iniziato a farlo.
La regina del food delivery in Italia rimane la pizza, con il 68% delle preferenze, il 26% preferisce piatti tipici della cucina italiana e il 22% va sul classico hamburger con patatine.
Il minor ricorso al food delivery, invece, è essenzialmente dovuto ad un maggiore impegno a cucinare a casa, al timore del contagio ( il 25%) e il 14% per una scelta legata al risparmio.
L’ordine fatto per ricevere a casa il pranzo o la cena diventa sempre più comfort food, una coccola, come quella che in questo momento non ci possono fare le lasagne di nonne e mamme.
Da questi risultati si evince come il servizio a domicilio sia molto apprezzato dai consumatori, soprattutto quando esso è facile, smart, e sicuro.
Data la situazione di emergenza sanitaria, il freno principale è ancora il timore per la sicurezza alimentare.
Non sto dicendo che il delivery sia un business per tutti, bisogna essere agili ed organizzati, ma ad oggi le potenzialità di sviluppo nell’ambito della ristorazione tradizionale non mancano.
Se pensiamo alle consegne di cibo a domicilio, classicamente pensiamo ad una forma di cibo fast come la pizza o altri alimenti da asporto, ma il Covid sta convertendo anche questa tendenza.
La rassegna stampa quotidiana ci racconta di delivery food stellati e di come chef italiani sopravvivano alla crisi riconvertendosi a nuove forme di somministrazione. La direzione verso la quale i più illuminati stanno andando è quella della costruzione di un’ottima esperienza enogastronomica da gustare in casa anche se sei un ristorante stellato e non hai a disposizione il tuo maître di sala.
Anche i più grandi e perspicaci si sono ingegnati per mutare le proprie strategie e le proprie cucine.
Alcuni si sono messi a disposizione in prima linea — vedi Enrico Cerea di Da Vittorio Ristorante e lo stesso Carlo Cracco impegnati nelle mense degli ospedali — altri hanno messo a disposizione la propria cucina per iniziative solidali, altri hanno proporre menu gourmet da consegnare a domicilio il tutto per “dare uno scampolo di normalità agli italiani che stanno a casa”
Molti brand dell’alta cucina italiana, stanno sperimentando il delivery d’autore con cestini di felicità pensati per i palati più raffinati.
Lo sanno bene Niko Romito, che ha trasformato il suo locale in una ghost kitchen adibita al delivery, per colazioni aperitivi e pranzi da consegnare nell’arco di 4 km, Tim Raue che con il suo “Fuh Kin Great” ha messo in piedi un facile sistema digitale per ordinare cassoulet di vitello, merluzzo al vapore, sashimi di salmone, Simone Padoan dei Tigli che dell’esperienza della pizza ne ha fatto una magic box con gli ingredienti per il topping da aggiungere a casa.
Chi pensa che il mercato del delivery sia più semplice di quello della
ristorazione classica, purtroppo sta sbagliando di gran lunga.
Il delivery non è figlio dell’arte dell’improvvisazione.
E’ complesso e come tale va interpretato. Dopo diverse settimane al servizio e a fianco dei nostri clienti che operano nel settore agroalimentare e della ristorazione che nel delivery ci hanno buttato anima, cuore e muscoli, lo sappiamo meglio anche noi. Questo è il punto da cui tutti siamo partiti.
Sono diversi gli appunti che abbiamo preso e che ci fa piacere condividere con chi si affaccia per la 1° volta al mondo delle consegne a domicilio. Insieme ad un elenco di consigli abbiamo riportato qualche buono esempio :
Se si è in grado di garantire al tuo cliente un servizio tempestivo ed in sicurezza?
Alle porte della famosa “Fase 2”, in cui oltre al domicilio sarà concesso anche l’asporto, anche i consumatori per una scelta di gusto guarderanno maggiormente più al servizio e alla costruzione dell’esperienza, piuttosto a condizioni di necessità ed emergenza dettate alla prossimità.
Tutti in questo momento consumatori, ristoratori, imprenditori, stanno rivedendo le proprie priorità.
Le scelte di oggi condizioneranno necessariamente il nostro domani.
Contattaci e scopri quali possono essere le migliore tattiche adatte alla tua attività!