Quasi due mesi di chiusura pesano eccome sulle attività di ristorazione, nessuno lo può negare. E lo sappiamo che chi lavora in questo settore, con le mani in mano non ci si può proprio stare! Dunque non resta che ingegnarsi, 💡rimboccarsi le maniche, fare un’ottima analisi dei food cost e trovare delle soluzioni alternative e creative per affrontare la crisi.
Forse qualcuno che sta leggendo, lo ha già fatto! Altri invece si sono fermati. D’altronde come tutti. Scrive Simone Padoan su IG e in una lettera ai suoi clienti in cui lancia il suo nuovissimo delivery
“Ho scelto di fermare i Tigli per oltre un mese, ancora prima del lockdown. Volevo riflettere sulla situazione e avere una visione più chiara. Ora finalmente intravedo la speranza di poterlo riaprire. E il primo passo è trovare un modo per esservi più vicini”
Ma il senso di spaesamento e l’iniziale amaro non possono brinare e buttare nel secchio tutto quello che si è costruito dopo anni di sacrifici.
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Nel quadro di una situazione che resta drammatica, il 40% dei ristoratori segnala una buona crescita della domanda di cibo a domicilio.
Neppure la recente possibilità di effettuare il take away dal 4 Maggio, sembra aver tranquillizzato i lavoratori di questo settore.
Sognare che tutto torni come prima sarà difficile, direi impossibile.
Non solo perché le nuove normative non ce lo permetteranno, ma sempre più perché saranno i nostri stessi clienti ad esser cambiati.
ll bisogno di vicinanza fisica dovrà essere colmato con altri plus relazionali e altre piccole coccole questo anche dopo la riapertura dei locali. Si dovranno progettare necessariamente nuove forme di home experience per i nuovi clienti e per quelli già fidelizzati che, non vogliamo assolutamente perdere. Il delivery non può essere considerato come una strategia di tamponamento a breve termine.
Nell’attesa delle aperture al pubblico dei primi di Giugno, quella del delivery “esperenziale” potrà essere una via da percorrere.
Possiamo iniziare dal trasformare il momento del consumo di cibo in una vera e propria esperienza delivery del futuro e non solo in una semplice consegna di qualcosa di pronto.
Il primo step diventa quello di mettersi nei panni del cliente, e non solo dello chef che non vuole cambiare modalità di cottura dei suoi piatti o rinunciare al suo piatto preferito. Vestire i panni del cliente può voler dire, testare diversi packaging possibili, vedere la capacità assorbente di ognuno, valutare come il nostro pasto arriverà a casa.
Un suggerimento? Fate un test…fate arrivare il vostro piatto nella zona più lontana possibile all’ interno del vostro raggio di consegna e valutate se quella che state offrendo è la presentazione e l’esperienza del piatto che volete dare ai vostri cliente.
Si tratta di una personale riflessione, ma dobbiamo cercare di costruire sempre più una nuova relazione fra noi e lo chef, creare un rapporto diretto per un’esperienza di cucina gastronomica un po’ semplificata, certo, ma che richieda qualcosa in più della sola accensione del forno.
Ecco allora una breve panoramica di quelli che mi sono sembrati degli ottimi spunti creativi ed innovativi
Costruire un’esperienza può voler dire anche ricreare il contesto, l’occasione di consumo che la contraddistingue. Talvolta potrà essere più conviviale: e allora ecco che arrivano i kit della movida dei Navigli, ma anche pensati per forme di fruizione singola ed ecco in consigli il cibo a domicilio con tanto di playlist coordinata.
Queste sono solo alcune delle tante idee che nascono dalla conoscenza dei bisogni del proprio pubblico e da buone leve e strategie di marketing pensate su questi ultimi.
Non è un furto, o forse si, se consideriamo il tempo che dedicavamo alle nostre cene fuori fra amici nel nostro locale preferito.
In termini di esperienza nel take away — che sarà nuovamente concesso dal 4 Maggio — il nostro prodotto sarà riportato verso forme come quelle del drive in: antesignano dei fast food restaurant moderni. La legge è chiara
Resta consentita la ristorazione con asporto fermo restando l’obbligo di rispettare la distanza di sicurezza interpersonale di un metro, il divieto di consumare i prodotti all’interno dei locali e il divieto di sostare nelle immediate vicinanze degli stessi;
Un consiglio? Se sei attivo con entrambi i servizi e hai paura di fare confusione, organizza bene le linee di produzione, dividi e istruisci la tua brigata. Da allora sarete una vera e propria dark kitchen!
Primo punto: Agire con tempestività: comunicare ai tuoi clienti cosa stai facendo è importante. Smettere di dialogare in questo momento con loro che hanno sempre riposto la tua fiducia in te è l’errore più grande che tu possa fare. Lo sa bene il pizza chef Mirko Petracci della Pizzeria La Scaletta di Ascoli Piceno che, fin dall’inizio dell’emergenza si è “riconvertita” al delivery. Accanto agli stuzzicanti fritti e alle pizze classiche, sia rosse che bianche, nel menù Mirko ha deciso di lasciare alcune delle sue più iconiche creazioni gourmet, come la Margherita 2.0 o l’Amatriciana. Ha riorganizzato la propria attività in poco tempo, istruito il proprio staff, riprogettato e ristampato un nuovo menù e ha intrapreso una campagna di comunicazione coordinata #LaScalettaèconte in tutto il suo territorio.
Va progettata e implementata una nuova strategia di business necessaria per affrontare il periodo di cambiamento socio economico che stiamo vivendo e che non finirà a breve.
Per questo è necessario adeguare la propria comunicazione, ampliare i propri canali e metodi di vendita analizzando i nuovi bisogni del tuo pubblico e rispondendo in modo efficace e tempestivo a quelle che saranno le nuove necessità di un consumatore nuovo, impaurito, affamato…non solo di buon cibo ma anche di voglia di tornare a vivere i piaceri della vita!