Il Manifesto dell’Agile Marketing

Nella nostra agenzia si dedica tempo alla riflessione sul modus operandi che adottiamo, sempre nell’ottica di migliorare abbracciando il cambiamento.
Abbiamo pensato ad un Manifesto da usare come ispirazione, qualcosa simile al Manifesto per lo Sviluppo Agile di Software che puoi trovare facendo una veloce ricerca su Google. Un testo che racchiudesse in pochi e semplici assunti quei valori fondanti che si trovano dietro agli impegni che ogni giorno ci preoccupiamo di tenere a mente, e dentro agli sforzi profusi per tener fede al nostro approccio al digital marketing.

Tramite il gruppo Agile Marketing Facebook Group abbiamo scoperto il Business Agility Institute e una proposta in lingua inglese di Manifesto dell’Agile Marketing che si adatta – per ora – alla nostra filosofia. Così il nostro Ceo, Enrico, ha pensato di proporre una traduzione, approvata dal Business Agility Institute: eccola qua, sul sito ufficiale in italiano.
In questo articolo, invece, illustriamo perché consideriamo il manifesto aderente al nostro approccio. Una breve lettura, speriamo utile ma sicuramente leggera, per chi già ha le mani in pasta nel marketing e, soprattutto, per manager o imprenditori che vogliono conoscere meglio questa prospettiva, utilizzandola nei propri flussi di lavoro.

Stiamo esplorando metodi migliori nel creare valore per i nostri clienti e per le nostre organizzazioni, attraverso nuovi approcci al marketing. Attraverso questo lavoro siamo arrivati a considerare importanti:

1. apprendimento validato piuttosto che opinioni e convenzioni

2. collaborazione e focus sul cliente, piuttosto che silo e gerarchie

3. campagne¹ adattative e iterative, piuttosto che campagne “Big-Bang

4. processo di scoperta del cliente, piuttosto che predizione statica

5. roadmap flessibili, piuttosto che planning rigidi

6. accogliere il cambiamento, piuttosto che seguire un piano ad ogni costo

7. tanti piccoli esperimenti, piuttosto che alcune grandi scommesse.

¹Con l’accezione “Campagne” non ci riferiamo a Campagne su strumenti specifici (es. Facebook, Instagram), ma consideriamo Campagna una serie di azioni coordinate al raggiungimento di specifiche serie di obiettivi di business, svolte entro un tempo e con vincoli stabiliti.

Questo punto è basilare: non esiste (digital) marketing senza che ci siano continui riscontri oggettivi alle azioni intraprese.
Basta con: “secondo me…”, “forse l’utente voleva…”, “il CTR è basso perché la pagina ha troppo testo: si sa che nessuno ha tempo di leggere…”. Se ti è capitato di sentire questi alibi, siamo sulla stessa barca.

Ogni validazione deve permetterci di apprendere, per correggere o aumentare gli sforzi verso una direzione.

Il marketing per noi è focus ossessivo sul nostro cliente, sulle sue sfide, sui bisogni che ne scaturiscono e su come poterli supportare.

Questo punto in sostanza ci dice che un team Agile deve essere multidisciplinare e deve permettere a tutte le competenze di dialogare per trovare la migliore soluzione. Per questo la figura del Project Manager come unico punto di contatto, è superata. Come devono essere superati i blocchi interni (spesso solo mentali) per i quali uno sviluppatore non deve porsi domande sull’aspetto più “markettaro”, oppure un marketer esperto di settore ha difficoltà a sporcarsi le mani in altri ambiti.

T-Shape è la soluzione che meglio si adatta a questo scenario: qui potete trovare qualche dettaglio in più grazie a Jason Yip!

In una visione di marketing tradizionale (semmai ci sia una differenza da quello digitale), quello che siamo stati abituati a vedere — specialmente su Mad Men— è che quando si pianifica una campagna, tutto deve essere pronto al tempo T0 di partenza — il Big Bang — , tutto deve partire contemporaneamente e soprattutto, tutto deve essere previsto, anticipato, noto a priori e non si può sbagliare!

Come dicono quelli bravi, questa sia una fallacia narrativa: è impossibile prevedere il futuro e, benché tutto sia pronto e studiato nel minimo dettaglio, ci sarà sempre qualcosa che andrà storto.
Pensiamo di conoscere il nostro pubblico? Probabilmente solo una parte. Le PMI non sono in grado di sostenere ricerche di mercato costose.

Non intendiamo dire di essere approssimativi al lancio (una vera ossessione in agenzia), ma di concentrarsi sulle priorità, sul percepito, su pochi touchpoint ben coordinati e scelti anche perché fonti di dati!

Il marketing che ci piace è adattativo e iterativo: si adegua rapidamente ai cambiamenti e lo fa con intervalli regolari, noti.
L’ago della bilancia si sposta quindi su due punti chiave:

  • come misuro lo scostamento tra il desiderato e il reale
  • quando ci saranno i momenti di revisione tra atteso e reale, in maniera da prepararsi con una strategia di azione adeguata.

Il resto, poi, è tattica e non significa non pianificare o fare le cose male. Affronteremo sicuramente questo tema in un altro articolo sul Content Marketing, frutto della nostra esperienza sul campo.

All’interno dell’adattamento, una delle scoperte migliori da fare è quella sulla nostra audience. Tutte le piattaforme digital hanno sistemi di misura e ormai da qualche anno è molto facile riscontrare i gusti del pubblico “dal vero”.

Predire staticamente cosa andrà bene e cosa andrà male è spesso una perdita di tempo: ci sono centinaia di strumenti per interpretare i gusti del nostro pubblico, man mano che le campagne avanzano o in revisioni anche quotidiane. Si tratta di padroneggiare i tool e, soprattutto, avere chiaro cosa si sta cercando.

In questo ambito, diventa utilissimo un approccio basato sul Personas Design, ovvero la produzione di un modello di pubblico in cui (oltre alle dinamiche demografiche) siano chiarissimi i Jobs-To-Be-Done ovvero le sfide, le difficoltà e gli ostacoli che il pubblico al quale ci rivogliamo deve affrontare e quali bisogni emergono da queste sfide. È su questi bisogni che il nostro agire con il marketing può essere soluzione di un problema e quindi adozione di un servizio o prodotto da parte del nostro pubblico.

I don’t know the rules of grammar… If you’re trying to persuade people to do something, or buy something, it seems to me you should use their language, the language they use every day, the language in which they think. ”

— David Ogilvy

E quale miglior cosa quella di adattare le proprie strategie su questo linguaggio? Quali preziose informazioni si celano dietro gli insights di Facebook o il comportamento del pubblico rispetto alla navigazione sul nostro sito web?

Questo momento prima o poi doveva arrivare: Agile non significa mancanza di pianificazione, o almeno è così nel marketing.
Si tratta di identificare chiaramente i momenti significativi per la vita di un brand, un servizio, un prodotto e per quei momenti creare delle campagne adattative e iterative che siano in grado di portare valore all’utente/cliente finale, fino alla adozione di quel brand, servizio, prodotto. Come anche portare il cliente finale, successivamente, ad essere fedele e tornare ad un nuovo acquisto.

Il planning che abbiamo in mente punta ad identificare in maniera chiara alcuni elementi chiave, tra cui:

  • Personas
  • Content Strategy: quali contenti saranno più adatti e in quali canali
  • Customer Journey / Micro-momenti
  • Piano Ads e relativo budget.

Un planning flessibile ci permetterà di mettere in discussione l’efficacia del piano in qualsiasi momento; nella sua impostazione saranno presenti passaggi di apprendimento validato; i modelli che prenderemo in esame saranno adattativi e iterativi e sottoposti a verifica e riadattamento, per questo la loro curva di apprendimento è sempre in crescita.

“Ma come? Quindi quando inizia una campagna di marketing non sapete esattamente cosa succederà? Mi affido a voi perché ho bisogno di risultati e invece otterrei una serie di azioni sperimentali che potrebbero non portare a nulla?”

Se sei un manager o un imprenditore probabilmente ti starai facendo queste domande rispetto alla nostra agenzia.
La risposta a tutte è la stessa: ebbene, sì!

O meglio: esistono contesti e settori merceologici che rispondono in maniera simile, per i quali campagne e azioni sono comparabili in tutto. Ricordando, però, che il pubblico ha infinite occasioni di cambiare idea sul tuo brand, prodotto, servizio. Con la giusta expertise derivante da questi mercati già noti, lanciare una campagna di marketing è sicuramente un’azione dai risultati predittibili rispetto ad altre.

Tanti mercati, invece, sono completamente inesplorati: benché ci si slanci a voler supporre, predire, analizzare, tutti gli sforzi sono inutili senza procedere con una verifica. Soprattuto rimangono opinioni.

Sarà più efficace un piano che si riadatta facilmente a dati reali — quelli che il contesto digital e le piattaforme social oggi restituiscono — o uno rigidamente legato a convinzioni e supposizioni più o meno avvalorate?

A voi la scelta, e immaginiamo sarà quella giusta.

Non abbiamo finito con i quesiti. Sarà meglio un team di una digital agency pronto e attento agli scenari che cambiano o un team rigidamente legato ad un piano, magari già preventivato o incapsulato in un budget?

Qui il marketing Agile diventa metodo: noi abbiamo scelto Scrumban — e in un altro articolo vi daremo un’idea della nostra versione e i prossimi articoli continueranno a dare suggestioni in questa ottica.

I marketing manager probabilmente non saranno d’accordo, ma proviamo ad aprire un dibattito.

A tutti piace avere brief ben eseguiti che facciano vincere scommesse importanti, ma che posta c’è in gioco?

Molto dipende dallo stile di gioco, ma preferiamo adottare la regola

Bet Only What You Can Afford to Lose.

Se la posta in gioco è importante — come un budget elevato, un assunto non perfettamente verificato che potrebbe minare il risultato, un canale nuovo o un nuovo posizionamento del brand — e non vogliamo rischiare di essere fragili, la soluzione migliore è procedere con piccoli continui esperimenti che sondino e verifichino gli assunti che stiamo mettendo sul piatto.

Per fare questo passo, possiamo consigliare un approccio basato su Impact Mapping nella pianificazione delle campagne di Agile Marketing, ispirati da un interessante workshop di Dimitri Favre: impostandolo, possiamo stabilire una serie di assunzioni e i rispettivi outcome che ci aspettiamo come impatto sul nostro pubblico. Fondamentale sarà poi darci come obiettivo tattico prioritario quello di verificarli, prima di procedere oltre.

Ad un certo punto, avremmo collezionato una serie di assunti verificati che forniranno prospettive più sicure e meno rischiose per lanciare le nostre scommesse.

Attenzione!
Verifiche mensili o trimestrali non sono la stessa cosa, se il piano cambia lentamente e se non abbiamo impostato quali assunti sono soggetti a verifica.

In questo caso staremo soltanto rivedendo quanto è probabile (ancora) vincere una scommessa, pur rimanendo la possibilità che si stia perdendo la partita.

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