B2B marketing, come intercettare il target con un approccio H2H
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Sei un imprenditore o un marketing o sales manager? Condividerai un approccio che in questi ultimi tempi fa la differenza, per decretare il successo di un brand, di un’azienda, di qualsiasi progetto di business.
Bisogna essere pronti al cambiamento dettato dall’evoluzione digitale: questo chiede il mercato – questo chiedono i clienti – e chi non si adatta, soccombe.
Questo vale non solo nel mercato B2C ma anche nel B2B perché oramai la visione e la prospettiva è quella H2H, Human to Human: aziende, fornitori, realtà industriali e distribuzione organizzata… dietro ci sono sempre persone.
Vogliamo darti alcuni consigli pratici e utili per capire come intercettare il target che cambia – soprattutto in un contesto ibrido dell’onlife – e riuscire a individuare un pubblico che sia per te di valore, e che riceva valore da te e dai tuoi servizi o prodotti.
La cultura digitale d’impresa è alla base della trasformazione e di ogni processo di innovazione, anche del tuo ruolo di manager in chiave digitale. Se non si afferrano i concetti chiave che muovono il cambiamento si fa fatica a stare al passo.
Come marketing o sales manager ti rivolgi al tuo “pubblico”. Il cosiddetto target riflette un approccio analitico, che risponde ad aggregati statistici. Nessun male in questo, anzi: noi siamo fautori e promotori del data-driven marketing.
Il target però cambia. Come lo intercetto? Questa è una domanda critica a cu vogliamo già dare una risposta, indicandoti una mossa vincente e utile per ottenere i tuoi obiettivi di business.
Il segreto sta nell’introdurre metodi e modelli di marketing efficaci, che entrano nel dettaglio, nella descrizione della persona ma anche del contesto in cui è inserita, del suo ambiente, del suo stile di vita. Tenendo conto dei suoi desideri e delle aspettative, non solo dei bisogni e delle frustrazioni.
Ragionare in chiave positiva, parlare al singolare… anzi parlando ad una persona con nome e cognome. Mettendola al centro dei tuoi ragionamenti, per incontrarla – anzi andandole incontro, come ci insegna l’Inbound Marketing – e interessarla, per costruire una relazione.
Adottare dei modelli, che rappresentano delle linee guida per operare nella maniera più efficace, ti aiuterà a farlo.
Con questa mossa, sarà possibile avere uno strumento in più di conoscenza – con trasposizioni concrete in termini di risultati – per accogliere al meglio le sfide che la trasformazione digitale sta ponendo a tutti i direttori commerciali e i responsabili vendite, che devono accogliere il cambiamento dal marketing B2B verso un marketing H2H e sapersi adattare mentre adeguano obiettivi e strategia.
Affronteremo questi passaggi in maniera sintetica, per darti però un quadro articolato ma chiaro, per lasciarti la libertà di approfondire quello che più ti interessa.
Perché è importante introdurre metodi e modelli per Sales & Marketing B2B
Sebbene i modelli siano strutture teoriche, con riferimenti in scala, sono strumenti di pensiero utili per avere un quadro completo della realtà che si sta analizzando e per dare una prospettiva, un’indicazione operativa su come affrontare l’analisi stessa.
In momenti di incertezza come quelli attuali, per il marketing manager è indispensabile padroneggiare la conoscenza di metodi e modelli di marketing che possono guidare con maggior solidità anche la pianificazione strategica.
Chi non ha mai utilizzato una preziosa checklist? O dei tool, per definire una routine e tenere traccia dei task affidati, oppure delle tecniche – come quella “del pomodoro” – per evitare interruzioni e aumentare la produttività in azienda in maniera agile.
Per una strategia efficace e per trasformare in chiave digitale il tuo ruolo a capo del marketing team dell’azienda, ti proponiamo come prima mossa l’adozione di modelli centrati sulla persona, considerando abitudini e attitudini, propensioni, frustrazioni e bisogni da soddisfare. Il mondo gira attorno alla persona, il tuo cliente: devi conoscerlo bene.
Dal punto di vista del marketing manager, vuol dire identificare i bisogni del suo target definendo le buyer personas, capire come potrebbe essere la sua esperienza con il tuo brand attraverso il customer journey map e individuare il processo attraverso quale i suoi clienti arrivano all’acquisto progettando un funnel.
La progettazione del funnel (Sales & Marketing Funnel Design) prevede la suddivisione del processo in più fasi, come abbiamo accennato.
Nell’uso generale, si sintetizzano 4 passaggi:
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Fase di attrazione (o di consapevolezza) – i potenziali acquirenti diventano consapevoli dell’esistenza del prodotto o dell’azienda.Potrebbero non conoscere il brand e venirne a conoscenza ad esempio grazie ad un’inserzione pubblicitaria (adv).
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Fase di interesse – i potenziali clienti dimostrano interesse conducendo una prima fase di approfondimento e ricerca sul prodotto.
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Fase di desiderio – i potenziali clienti esaminano le soluzioni alternative, mentre si avvicinano alla decisione finale di acquisto.
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Fase di azione – l’utente raggiunge una decisione finale e si attiva fisicamente per acquistare beni o servizi.
Considerando le fasi di canalizzazione tipiche del funnel, in ottica di metriche da misurare risulta efficace e aggiornato ai tempi attuali di analisi spinta, il modello ideato dall’imprenditore Dave McClure, le Pirate Metrics (AARRR): Acquisition, Activation, Retention, Referral, Revenue. Analizzando, monitorando e migliorando queste metriche si arriva alla crescita dell’attività, anche in tempi brevi.
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Nel processo di acquisizione ci si concentra nell’attrarre traffico di qualità (utenti interessati al prodotto/servizio) verso il sito o touchpoint considerato. Questa è una fase delicata e importantissima per creare l’opportunità successiva di interazione e di propensione verso le call-to-action desiderate.
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L’attivazione si concentra sull’esperienza dell’utente sul tuo sito – che deve risultare facile da navigare, intuitivo, soprattutto interessante, tanto da indurre a un’azione (iscrizione alla newsletter, scaricare un contenuto di approfondimento).
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Con traffico qualificato e utenti registrati, bisogna lavorare sulla retention, ossia far ritornare gli utenti. Il focus è sulla fidelizzazione.
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Con il referral, si sfrutta la buona opinione e la soddisfazione generata nell’utente che ha fruito dell’offerta: passaparola, commenti, recensioni. Insomma, pubblicità fatta da chi apprezza quanto è stato messo a disposizione.
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Con un sito posizionato, contenuti di valore e una base utenti interessata (lead e prospect), non resta che pensare alla revenue: in questa fase un utente si trasforma in cliente e con un’analisi appropriata si potrà profilare la clientela identificando il segmento più redditizio, magando riservando al segmento premium un trattamento di favore con una progettazione ad hoc della user experience.
Un altro modello efficace che arriva dall’Inbound marketing, che è quello che abbiamo scelto come mindset aziendale, è quello che richiama l’immagine del volano: il Flywheel model di Hubspot.
Mentre il funnel si basa sulla canalizzazione che produce clienti, visti come punto di arrivo, il Flywheel che sta alla base dell’Inbound marketing trova nel ruolo giocato dal cliente stesso il punto di innesco della crescita – l’energia che fa girare il volano.
Da un modello sequenziale a uno circolare e dinamico. Attrarre, ingaggiare e deliziare gli utenti, che da sconosciuti diventano prospetti, da clienti a promotori del prodotto o servizio.
Il segreto sta nell’allineare tutti i reparti d’azienda in quest’ottica per progettare e offrire un’esperienza straordinaria all’utente, una relazione duratura senza nessuna frizione che si svolge in maniera fluida e piacevole: l’utente fidelizzato trasformerà la sua esperienza in energia per far continuare il moto del volano, per attrarre altri utenti.
Una buona strategia, basata su validi modelli, ci permette di accompagnare gradualmente l’utente in questo percorso, per fare in modo di trasformarlo da anonimo visitatore a cliente soddisfatto.
Un’attività di business B2B trae beneficio dai suoi nuovi clienti, ma soprattutto dai suoi clienti “fissi” di cui si diventa fornitori. Sono questi che parleranno bene del brand e che vanno fidelizzati!
Un ultimo modello che vogliamo presentarti considera i meccanismi decisionali delle persone, fin dall’inizio del processo di ricerca per la risoluzione di un problema o la soddisfazione di un bisogno: è il “messy middle” proposto dal team di ricerca di Google.
Ci cerca di capire come le fasi centrali del percorso d’acquisto influiscono sulle decisioni finali degli acquirenti.
Uno spazio pieno di informazioni, con possibilità di scelta quasi illimitata, che i consumatori hanno imparato a gestire tramite una serie di bias cognitivi.
Un modello (decisionale) aggiornato che
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Ci aiuta a capire come le persone decidono cosa comprare e da chi comprarlo
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Evolve lo user journey da un processo lineare e semplice ad uno più aderente alle dinamiche reali
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Pone l’attenzione non solo sulla serie di touchpoint dati dallo user journey ma anche sul perché delle decisioni prese dalle persone
Il “centro confusionario” è il luogo caotico in cui si ritrovano le persone che devono prendere delle decisioni: serve un orientamento. E sono i punti saldi presi in prestito dalle scienze comportamentali che possono farci capire come le persone possano prendere una direzione o un’altra nel loro processo decisionale, e poi d’acquisto.
Grazie agli insight sui consumatori e all’analisi dei cambiamenti nel comportamento dei clienti, il modello dà molti spunti di riflessione per approfondire, magari con un altro articolo!
Intanto, tieni a mente che dal primo stimolo all’azione (trigger) che innesca il funnel fino all’acquisto il processo non è lineare: un intricato intreccio di touchpoint e deviazioni o salti all’ostacolo che possono essere superati conoscendo meglio i “giudizi” (bias cognitivi) che influenzano il processo.
Soprattutto, avendo consapevolezza che c’è un loop – fasi di rimbalzo o cicliche tra ricerca e valutazione delle informazioni – finché non “si aiuta” la persona ad uscire con un supporto alla decisione… facendola arrivare alla fase di esperienza, fuori dal messy middle fino alla fase d’acquisto.
Nel modello proposto da Google si torna su un elemento fondamentale: la persona.
Più conosci il tuo potenziale cliente e maggiori sono le opportunità di posizionarti nel punto giusto all’interno del suo ecosistema informativo.
Per questo l’approccio “cliente-centrico” risulta vincente.
H2H marketing, il cliente sempre al centro con lo Human Centered Design
Per capire come intercettare nuovi clienti e per riuscire a “deliziare” quelli già acquisiti in maniera che diventino anche “testimonial” è utile utilizzare un altro metodo: la mappa del Customer Journey con i diversi punti di contatto (touchpoint) fra il tuo prodotto/servizio/esperienza e il cliente (nei vari passaggi del funnel, da utente sconosciuto a cliente fidelizzato).
Il Customer Journey si muove sulle stesse fasi del funnel in un percorso che, però, è caratterizzato da momenti di interesse e di decisione, che coinvolge punti di contatto sia online (siti, e-commerce, blog, social media) sia offline (laddove il business non fosse incentrato sull’online, con store e distribuzione, front office per la customer care e call center).
Sono considerati touchpoint, sebbene indiretti, anche fonti di brand reputation come recensioni, commenti e consigli nella community, o il classico passaparola.
Risulta una scelta decisiva quella di mappare tutte le possibili occasioni di contatto del potenziale cliente con propri servizi e prodotti per decidere su quali touchpoint puntare nella propria strategia digitale omnichannel, a seconda degli obiettivi di business fissati.
Nel B2B, il Customer Journey è simile a quello B2C per un acquisto oneroso: decisione logica basata su prezzo, tempo, affidabilità del fornitore e risorse risparmiate. Non è un’azione d’impulso o dettata dall’emozione del momento, oppure sollecitata sulla
base di scarsità. Il processo è lungo e meditato.
Il Customer Journey può essere adattato ogni volta alle situazioni dettate dal mercato e alle tipologie di clienti – nel B2B ci si deve focalizzare sulle figure decisionali dell’azienda – che possono essere, anzi devono essere tratteggiate grazie al Personas Design.
Caratteristiche socio-demografiche, bisogni, attitudini, motivazioni e aspettative sono alla base delle buyer personas, ossia profili fittizi dei propri potenziali clienti “in target” disegnati sulla base di analisi e ricerche sul campo.
Sono esemplificazioni che aiutano a costruire l’offerta – ciò che il mercato chiede – e a veicolare messaggi efficaci che destino interesse, che aiutino il cliente (il tipo disegnato per
ogni gruppo), che lo supportino e che lo possano intrattenere.
In sintesi, ci mettiamo nei panni dei nostri clienti per definire la nostra strategia di marketing che pone il cliente al centro.
Il Value Proposition Design definisce i valori per generare relazioni
In aiuto vengono diversi metodi che contribuiscono al processo di costruzione delle personas. Fra quelli più efficaci ci sono tutte le tecniche collaborative, soprattutto quando la costruzione viene fatta con workshop interni ai quali far partecipare non solo i manager o i referenti di progetto, ma anche i membri dei vari team operativi.
Una serie di incontri in cui il processo di definizione delle personas è guidato da esperti che riescono ad avere un occhio obiettivo: con tecniche adeguate e partecipate pongono giuste domande per far emergere le informazioni strategiche.
Un esempio di tecnica è il Value Proposition Design con un modello che supporta le aziende nell’immettere sul mercato prodotti o servizi realmente desiderati dagli utenti (ossia: non facciamo quello che sappiamo fare ma facciamo quello che gli utenti cercano e desiderano).
Questo avviene quando i valori proposti dall’azienda (Value Proposition) si mettono in relazione con i bisogni degli utenti, precisamente con il segmento di clientela specifico.
Il Value Proposition Canvas è uno strumento che permette di progettare, testare e costruire la proposta di valore aziendale in maniera strutturata e collaborativa, definendo le soluzioni per le personas.
Sarà determinante da parte dell’azienda capire cosa genera vantaggi e benefici per i prodotti proposti sul mercato, cosa mitiga le difficoltà dei clienti. Questa analisi va fatta tenendo conto di quali siano i “compiti” e le sfide da affrontare dei clienti (jobs-to-be-done) e in quest’ottica scoprire cosa del prodotto o servizio offre loro un modo per ridurre frizioni e frustrazioni (pain), cosa invece regala gratificazioni e soddisfazioni (gain).
Altre tecniche utili e necessarie per fare centro – ossia definire in maniera più precisa possibile le personas di riferimento – sono:
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introdurre nuovi modi di analisi delle attività come ad esempio l’impact mapping, una tecnica che mette insieme interaction design, outcome-driven planning e mind mapping e si focalizza sull’impatto che una determinata azione (campagna, progetto, prodotto) comporta verso un destinatario preciso.
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interviste strutturate a focus group di clienti con la tecnica dei “5 rings of buying insight”.
Modelli di marketing sì, ma non scordare la verifica data-driven
Tutte le tecniche e i metodi presentati fino ad ora possono e devono essere verificati attraverso la disamina di dati reali e l’analisi del comportamento degli utenti, dati che vanno recuperati da diverse fonti:
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base dati dell’azienda (storico) sui contatti e clienti, da cui estrapolare eventuali evidenze iterative e trend;
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i cosiddetti Big Data (analisi di mercato, dei trend, analisi dei competitor e dei pubblici con tool specifici come quelli di Semrush, di Google Analytics o di Facebook);
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gli Small Data che arrivano dal social listening e dal social community management, dai tool che analizzano il comportamento degli utenti sul proprio sito con feedback, mappe di calore e sondaggi.
Impiegare tempo e risorse per workshop e analisi nella definizione delle personas con sperimentazioni e modifiche in corsa, grazie alla valutazione dei dati reali in arrivo, significa davvero fare centro.
Potremmo tradurlo con visite qualificate al proprio sito, compilazione di form in aumento, crescita dei clic su un link o su una CTA, crescita degli acquisti da parte degli utenti. In poche parole, raggiungimento degli obiettivi di business fra cui l’aumento di vendite e di fatturato.
Questo è poi quello che vediamo in superficie in termini di reportistica nelle performance e dei risultati. Le metriche di successo e i KPI – come tutto l’impianto della strategia con processi iterativi – vanno poi migliorati e questo avviene grazie all’analisi di microdati, che permettono di scalare il business, personalizzare l’offerta e lavorare sulla segmentazione.
I microdati sono tracce e segnali che le persone lasciano online ad esempio nelle loro consultazioni veloci, anche solo per soddisfare una curiosità. Ma sono utili se si riesce a riconoscerli, quantificarli e trasformarli in informazioni che sono collegate a delle nicchie di mercato, a dei segmenti che possiamo includere nel target.
Difatti, le persone utilizzano gli strumenti di ricerca online per recuperare informazioni che possono essere utili per
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raggiungere gli obiettivi;
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risolvere problemi;
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soddisfare bisogni;
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rispondere a delle aspettative;
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prospettare benefici.
Tutte motivazioni a cui la persona dà valore, per le quali è disposta a pagare.
B2B Funnel Marketing: cosa funziona e cosa non funziona
Gli elementi alla base di una strategia vincente B2B con il Sales & Marketing Funnel sono aspetti essenziali che è necessario conoscere profondamente, prima di fare scelte che hanno un forte impatto sul business e sull’esperienza degli utenti.
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Offerta: focalizzarci sui benefici, sul valore percepito, sui punti di forza e di debolezza del prodotto.
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Target: definire a chi è rivolta l’offerta e quindi quali sono i clienti che otterrebbero più vantaggi dall’utilizzo del tuo prodotto o servizio principale.
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Value proposition: è fondamentale definire quali sono gli elementi di unici e differenzianti della propria offerta
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Scala del valore: ogni scalino rappresenta una specifica offerta, più si sale più aumenta il valore da fornire al cliente, step by step.
Questi elementi sono alla base di una strategia di successo basata sul funnel e sono imprescindibili per venire scelti come fornitori e partner, per trasformare i lead in conversioni e i clienti in clienti fidelizzati.
Se manca uno di questi elementi, diventa tutto più complicato e senza garanzie di successo: dalla definizione dell’offerta, al tono di voce, fino alle previsioni e stime.
Marketing relazionale e Customer Lifetime Value
Nella dimensione B2B sono determinanti la trasparenza, la chiarezza, soprattutto instaurare un rapporto di fiducia con il cliente.
Il vero sforzo è mantenere il cliente acquisito, perché è noto che in termini di risorse acquisire un nuovo cliente richiede un impegno superiore – ben 7 volte – rispetto allo sforzo per fidelizzare quelli che hanno già scelto il prodotto/servizio della tua azienda.
Al centro, quindi, la persona (il cliente) e la relazione che va coltivata, arricchita, consolidata. La personalizzazione dell’offerta, del contenuto, dei messaggi è determinante affinché si mantenga il vantaggio competitivo, fino ad arrivare al punto di trasformare il tuo cliente in un “ambassador” spontaneo.
Il ciclo di vita del cliente (Customer Lifetime Value) è il valore attribuito a un cliente nell’intero arco temporale di relazione con il brand/business. Quindi non il valore generato da un solo acquisto.
Questo parametro deve essere valutato per comprendere come allocare sforzi e risorse, concentrando l’attenzione anche sui processi pre e post vendita, ponendo personalizzazione e coinvolgimento alla base di strategie e tattiche di digital marketing che risultato più efficaci in termini di conversione. Nel B2B attrarre l’interesse del potenziale cliente è vitale, convincerlo di aver fatto una buona scelta nell’inserire la tua azienda fra i fornitori lo è altrettanto.
La differenza, infine, può farla la reputazione online del brand e il tipo di contenuto veicolato – che sia interessante, utile, tecnico e approfondito, puntuale e aggiornato.
Bisogna trasmettere un senso di sicurezza, di fiducia, per instaurare nel tempo un legame solido con obiettivi condivisi.
Siamo tutti persone e tutti siamo acquirenti. Non vorresti questo tipo di approccio per un’esperienza progettata per te?
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